Per dare il benvenuto alla Gira Zapatista e accogliere le donne e gli uomini che dal Messico hanno attraversato l’oceano per incontrare i territori europei, il collettivo Arbegnuoc Urbani è intervenuto per le vie di Reggio Emilia.
Da oggi Via Cristoforo Colombo sarà rinominata in Via Tenochtitlán – il luogo dove morirono circa 15.000 guerrieri Aztechi all’arrivo degli europei, quando il Messico divenne la principale fonte di ricchezza coloniale dell’Impero Spagnolo.
Mettere in risalto l’eroismo di Colombo e dei suoi successori come navigatori e esploratori lascia in secondo piano il genocidio che perpetrarono. Noi Arbegnuoc Urbani pensiamo che l’atto di intitolargli una strada serva a giustificare quello che avvenne, ovvero il colonialismo delle Americhe e l’olocausto delle civiltà Indios che le abitavano prima.
Condannando la tutt’altro che gloriosa impresa di Colombo e il suo modus operandi da violento colonizzatore, vogliamo far emergere quello che la sua figura simboleggia per l’Occidente: l’accumulazione selvaggia ai danni di altri popoli giudicati inferiori, lo stupro e la violenza sistematica contro le donne, con la quale i conquistatori trasformarono i corpi femminili in territori devastabili. Sulle basi poste da questo saccheggio di terre e corpi è nato il sistema economico vigente, il capitalismo, e si è imposto il sistema sociale e di relazioni patriarcali.
Una delle ragioni per cui le atrocità continuano ad accadere è che abbiamo imparato a seppellirle sotto una massa grigia e compatta di altri fatti, proprio come si seppelliscono i rifiuti radioattivi in contenitori sigillati. Questo modo di interpretare la storia ci fa accettare serenamente la conquista e l’omicidio nel nome del progresso. In più, impone ambiguamente una visione parziale di fare la storia. Parliamo del punto di vista dei governanti, dei conquistatori, dei diplomatici, dei capi. E’ come se essi, alla stregua di Colombo, meritassero un’accettazione universale. Come se solo gli oppressori rappresentassero il mondo nella sua interezza, cancellando il punto di vista degli oppressi.
Non dobbiamo accettare come nostra la memoria che il capitalismo e il patriarcato ci impongono, perché nasconde la realtà di feroci conflitti che molto spesso vengono soffocati nel sangue. Essi esplodono fra padroni e schiavi, capitalisti e lavoratori, tra chi opprime e chi è oppresso, su base razziale e sessuale. Per questo abbiamo il dovere di non essere dalla parte dei carnefici e vogliamo dedicare questo gesto di storia condivisa, di visione capovolta, di sguardo “da schiavo”, alle comunità Zapatiste che stanno tracciando il solco profondo di una nuova storia, costruendo un mondo fatto di tanti mondi.
Arbegnuoc Urbani