Operazione Pirite a Milano

La pirite è l’oro falso, l’oro degli stolti: sembra un metallo prezioso, ma non lo è. Se riscaldato la sua puzza mefitica svela l’imbroglio. L’Italia è piena di strade, piazze, monumenti e targhe dedicate ad alcune medaglie che luccicano d’oro ma sono di pirite; intitolate a presunti eroi che sono stati complici delle atrocità perpetrate dal colonialismo e dal fascismo italiano. Per distinguerle non ci resta che accendere il fuoco e svelare l’inganno.

Con l’Operazione Pirite, un’operazione alchemico-narrativa ispirata alla mappa Viva Zerai!, puntiamo le nostre torce al butano sulle onorificenze conferite a fascisti, colonialsiti e criminali di guerra che danno il nome a quasi 170 strade, piazze, edifici ecc. in tutto il paese. 

Rivelare il segreto dell’oro degli stolti è un contro-incantesimo su larga scala, sia perché gli odonimi, le targhe e i monumenti dedicati a personaggi legati a doppia mandata agli orrori del passato sono davvero innumerevoli, sia perché ancora oggi le intitolazioni e le inaugurazioni continuano sotto il segno di una sottile ambiguità che spaccia pirite per metallo nobile. 

Dopo i rituali magici del 25 aprile scorso nelle varie città della Federazione, a Milano, questa notte, il processo alchemico è stato condotto su tre medaglie patacche al valore. Siamo solo all’inizio, ma da qualche parte bisogna cominciare.

VINCENZO MAGLIOCCO

1893, Palermo, Italia – 1936, Lekempti, Etiopia.

Generale e aviatore italiano della Regia Aeronautica, combatté nella prima guerra mondiale e nella Guerra d’Etiopia, dove fu uno dei maggiori responsabili dei bombardamenti terroristici all’iprite. Venne ucciso dai guerriglieri della resistenza abissina a Lechemti il 27 giugno 1936 insieme agli altri componenti di una missione di ricognizione aerea nell’Ovest etiopico. A Magliocco, Locatelli, e agli altri componenti della spedizione a Lechemti fu concessa la Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.

Medaglia d’oro di pirite al valor militare conferita nel 1936

Motivazione: «Conscio del pericolo cui andava incontro, ma orgoglioso di essere annoverato tra i pionieri dell’Italia imperiale, chiedeva, con generosa insistenza, di partecipare ad ardita impresa aeronautica intesa ad affermare, col simbolo del tricolore, il dominio civile di Roma su lontane contrade non ancora occupate. Minacciato nella notte da orde di ribelli, rifiutava la sicura ospitalità di genti amiche e preferiva affrontare con lo scarso manipolo di eroici compagni l’impari combattimento per difendere fino all’estremo sacrificio la bandiera della Patria. Lekempti, 27 giugno 1936.»

LUIGI MANUSARDI

1891, Colombier, Svizzera – 1937, Tisisat Dildil, Etiopia.

Maggiore del V gruppo squadroni cavalleria coloniale, nel 1934, su richiesta, è destinato al Regio Corpo Truppe Coloniali della Cirenaica dove rimane tre anni al comando del II gruppo squadroni cavalleria coloniale. Rientrato in Italia nell’aprile 1937, presenta una nuova domanda per essere trasferito in Africa Orientale e, destinato ai Regi Corpi Truppe Coloniali dell’Eritrea assume il comando del V gruppo squadroni di cavalleria coloniale di stanza a Gondar. Colpito a morte Ponte Tisisat Dildil, muore il 27 novembre 1937.

Medaglia d’oro di pirite al valor militare conferita nel 1937

Motivazione: «Comandante di alta capacità professionale e di sereno coraggio, rinnovò superbamente le nobili tradizioni di slancio e di sacrificio proprie dell’arma alla quale apparteneva. Incaricato col suo gruppo di squadroni di ampliare e consolidare una testa di ponte di grande importanza da poco occupata dalle nostre truppe, assolveva brillantemente il suo compito. Raggiunto, travolto e annientato, in aspra e sanguinosa carica, un primo gruppo di nemici, con fulminea decisione, si slanciava arditamente su notevoli rinforzi sopraggiunti, disperdendoli. Mentre era intento a raccogliere e riordinare i propri squadroni, che avevano gareggiato di bravura nella cruenta lotta, cadeva colpito a morte, chiudendo la nobile esistenza tutta ispirata ad alti sentimenti di Patria e di dovere. Ponte Tisisat Dildil, 27 novembre 1937.»

GIORGIO SAVOIA

1916, Milano, Italia – 1943, Misurata, Libia.

Aviatore e ufficiale italiano, pilota di caccia in forza alla 92ª Squadriglia dell’8º Gruppo del 2º Stormo Caccia Terrestre della Regia Aeronautica, schierato all’Aeroporto di Tobruch, partecipa alla Guerra d’Etiopia e alla Seconda guerra mondiale. Ferito gravemente in combattimento nel gennaio del 1943 da un caccia dell’aeronautica britannica, muore due mesi dopo in ospedale, venendo decorato con la Medaglia d’oro al valore militare alla memoria.

Medaglia d’oro di pirite al valor militare conferita nel 1948

Motivazione: «Comandante di squadriglia di rara perizia e di raro ardimento, sempre primo nel combattimento, nell’assalto e nella ricognizione lontana, conquistava gloria e vittorie al suo reparto, alla sua Arma, alla Patria. Durante una missione di scorta al velivolo del generale comandante della 5° squadra, si scagliava contro una formazione nemica, quattro volte superiore alle forze da lui comandate, scompigliandola e infliggendole, da solo e in collaborazione, durissime perdite, e liberava dal deliberato attacco del nemico l’aereo del suo generale, che raggiungeva incolume la sua destinazione. Nell’aspro combattimento veniva, dalla preponderanza del nemico, non già da una preponderanza di coraggio e di abilità, gravemente ferito e abbattuto. Raccolto e portato in ospedale, conscio della propria fine, pronunciava fiere parole di attaccamento al dovere e di fede assoluta nei destini della Patria immortale. Spirava, in seguito alle ferite riportate, con orgoglio dei prodi. — Cielo del Mediterraneo e dell’Africa Settentrionale, 11 giugno 1940 -27 aprile 1942; 10 luglio 1942 -21 gennaio 1943.»